Nel cuore di Rabat

A distanza di un anno sono tornato in Marocco. Nel 2023 percorsi tutta la costa all'estrema punta settentrionale del paese: da Cap Spartel a Ceuta, passando per Tangeri, fino a scendere in quel gioiello blu di Chefchaouen. Nei giorni scorsi ho ripreso il mio viaggio a ovest, sostando, dopo Salè, nella capitale Rabat - una delle quattro città imperiali insieme a Fes, Marrakech e Meknès - adagiata sulla sponda opposta del fiume Bou Regreg. Venerdì, mentre scendevo dalla bellissima Kasbah degli Oudaïa, poco prima dell'arrivo della tempesta, ho fotografato un tramonto sull'Oceano Atlantico che mi ha lasciato un'altra cicatrice addosso. Come tutte le cicatrici fresche, continuo a guardarla e sfiorarla, specialmente la sera, quando, stremato dai chilometri percorsi, mi riposo nel Riad e ascolto le voci della città. Sono qui in pieno Ramadan. L'adhan, il canto del muezzin che si diffonde tra le stradine labirintiche dei suq, è un suono affascinante e suggestivo; la preghiera serale, sembra spalancare le porte al silenzioso arrivo del sonno. Che magia è questo angolo di terra. Così diverso, così lontano, ma in realtà anche così simile, poiché come il nostro, fatto di uomini, di cuori, di vite. Ancora una volta, mi sono perso - letteralmente - nei vicoli della medina, rapito dai volti segnati delle persone, dai loro occhi profondi, da colori e suoni ammalianti. Quante persone ho incontrato. E con quante ho scambiato frammenti di vita.
 
Adesso, però, è giunto il momento di tornare a casa. Prima di spegnere il laptop voglio finire di scrivere alcuni pensieri, solo poche righe, poi andrò nel vecchio souk a godermi un ultimo tajine di carne e verdure che qui cucinano divinamente. In questi giorni, proprio per via del Ramadan, ho mangiato solo dopo le 20:00 perché i ristoranti hanno orari diversi. Delizioso il Dar Rbatia con la sua cucina tipica marocchina, ma la cena a Le Dhow (tradizionale imbarcazione araba in legno) è stata la più bella. Luci calde e fioche, poche persone, qualcuna leggeva un libro. Fuori, solo il rumore della pioggia.
 
Mi fermo qualche minuto a chiacchierare con Ahmed e Hadid del Dar Yanis, il Riad che mi ha ospitato. Ahmed non vuole neanche i soldi dell'ombrello che mi ha prestato l'altro ieri per uscire con il nubifragio e che io ho riportato a brandelli. Quando mi ha aperto il portone e mi ha visto zuppo dalla testa ai piedi, ha riso come un bambino 𝘔𝘺 𝘧𝘳𝘪𝘦𝘯𝘥, 𝘤'𝘦𝘴𝘵 𝘭𝘦 𝘔𝘢𝘳𝘰𝘤. Sì perché da giorni di sole e cielo limpido, sono passato ad altri fatti di diluvio universale. Le raffiche di vento che arrivano dall'Atlantico sono impetuose, tanto da spostarti mentre cammini in prossimità della costa. Fuori dal museo nazionale della fotografia, ho preso acqua dal cielo e dall'oceano contemporaneamente.
 
Infine, non posso lasciare questo luogo a Rabat senza salutare la mia vicina di tavolo durante la colazione. Una signora danese di estrema raffinatezza, che insieme alla sua compagna di origini marocchine, è in viaggio per gran parte del paese. Le guardo, sono così diverse tra loro, eppure in perfetta sintonia, complici. Lei più influente, trasuda nobiltà nei modi, mentre l'altra è piena di vitalità ed energia. Tanti anni di differenza, tanti racconti nel salon. Mentre io mi preparo a fare ritorno a Roma, loro proseguiranno domani per Casablanca.
 
𝙵𝚘𝚝𝚘 𝚎 𝚛𝚊𝚌𝚌𝚘𝚗𝚝𝚒 𝚍𝚒 𝚁𝚊𝚋𝚊𝚝 𝚗𝚎𝚕𝚕𝚎 𝚜𝚝𝚘𝚛𝚒𝚎 𝚒𝚗 𝚎𝚟𝚒𝚍𝚎𝚗𝚣𝚊 𝚜𝚞 𝙸𝚗𝚜𝚝𝚊𝚐𝚛𝚊𝚖. 𝙻𝚊 𝚜𝚒𝚝𝚞𝚊𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎 𝚖𝚎𝚝𝚎𝚘𝚛𝚘𝚕𝚘𝚐𝚒𝚌𝚊 𝚖𝚒 𝚑𝚊 𝚕𝚒𝚖𝚒𝚝𝚊𝚝𝚘 𝚖𝚘𝚕𝚝𝚘 𝚗𝚎𝚕𝚕'𝚞𝚜𝚘 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚊 𝚛𝚎𝚏𝚕𝚎𝚡.
 
Viaggiare è come un'accelerazione del tempo, una corsa attraverso paesaggi mutevoli e culture diverse che ci ricorda quanto rapidamente la vita scorra davanti ai nostri occhi. Ogni nuova destinazione, ogni incontro, ogni esperienza è un tassello aggiunto al mosaico della nostra esistenza. In questo movimento incessante, mi rendo conto che ogni istante speso nel viaggio è un momento che non tornerà mai più. Perciò, viaggiate ed esplorate, cogliete ogni opportunità, perché la vita passa velocemente e attraverso il viaggio si può assaporare un po' di più la sua fugace bellezza.
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